Cari Amici,
si dice spesso che un libro può cambiarti la vita e io, che di libri ne ho letti diversi, posso confermarvi senza timore questa tesi. Se ne possono leggere a migliaia, fino a quando arriverà quel romanzo, quel saggio, quella raccolta di poesie che segnerà la svolta. Ma se davvero un libro può sovvertire e convertire l'esistenza di un lettore, provate a immaginare cosa può fare lo stesso libro per lo scrittore! Quella che sto per raccontarvi è una storia di redenzione che da un passato inglorioso, attraverso un presente impegnato, si proietta direttamente su un futuro di libertà facendo leva, pensate un po', su di una penna.
Antonio Di Franco è l'autore di Lo scugnizzo scrittore (Edizioni Il Saggio, 2022) e io l'ho incontrato a Napoli proprio in occasione della presentazione del suo libro. La libertà a cui mi riferisco è innanzitutto quella che Antonio, detenuto in carcere, riconquisterà tra non molto, a fine pena. C'è però una libertà ben più autentica a cui egli aspira e che sta cercando di costruire già da ora, una libertà che va oltre i permessi speciali e l'uscita definitiva dalla cella: è la libertà di recuperare il tempo perduto e la propria dimensione di uomo, marito e padre.
Antonio nasce in un quartiere difficile della città, in una casa dove la povertà materiale si trascina dietro tante altre forme di povertà. I genitori sono entrambi disoccupati, il padre ha problemi di alcolismo e tocca a lui, ragazzo, difendere la madre quando il genitore perde il controllo di sé. Il "piatto", cioè il pasto principale della giornata, non sempre arriva a tavola e, mentre frequenta la scuola dell'obbligo, Antonio si dà da fare per assicurare un minimo di sostentamento alla sua famiglia. È "arrabbiato" e la rabbia non gli fa vedere altra alternativa che quella di "lavorare" per il boss della zona. Si specializza nelle rapine e grazie a queste a quindici anni può organizzare la festa di prima comunione della sorella e l'anno successivo quella di battesimo del fratello: cose mai viste prima né tantomeno immaginate che, col senno di poi, invece di dargli vita rubano una parte importante di essa. Il valore dei soldi facili lo distoglie dai valori dell'amicizia, dell'amore, del rispetto e della famiglia.
Ed è proprio nel bel mezzo di questi anni spietati e senza una reale prospettiva che avviene l'imprevedibile. C'è da fare un colpo in banca, una grossa cifra che però servirà a un papà a curare il suo bambino malato. È tutto pronto, i complici sono tutti d'accordo, ma quel giorno il colpo riuscirà senza la collaborazione di Antonio perché Antonio si tirerà indietro. Quel giorno si apre uno spiraglio in una vita segnata dalla violenza e dalla prevaricazione e il sopraggiungere della giustizia più che un evento "sfortunato" si rivela essere un intervento provvidenziale.
Antonio entra in carcere per scontare una lunga pena. I primi mesi nella casa circondariale non vedono in lui nessuna forma di dispiacere o pentimento. Gli sono rimaste la stessa mentalità e la stessa rabbia di prima. Tuttavia, gli operatori penitenziari notano in lui qualcosa che lo rende diverso da tanti altri detenuti. Antonio inizia a fare teatro e a scrivere alcuni articoli sulla rivista dell'istituto di pena. Scopre un talento e una nuova ispirazione. La sua buona condotta gli permette addirittura di svolgere un piccolo lavoro fuori dalle mura carcerarie. Si fa avanti una visione totalmente opposta a quella che aveva avuto fino ad allora e decide di seguirla.
Un giorno gli viene proposto di scrivere un libro. Dapprima lui scaccia questa idea. Poi, in una domenica piovosa e piuttosto solitaria, Antonio si alza dalla sua brandina e siede alla scrivania della biblioteca. Annota su dei fogli tutto ciò che in quel momento gli suggerisce il ricordo. Decisivo è l'incontro con l'editore Giuseppe Barra che non solo accetta la sfida ma lo incoraggia a continuare su questa strada. Così, lo scorso anno, esce Lo scugnizzo scrittore, l'autobiografia descritta da lui stesso con un'immagine di grande suggestione. Il libro è "il negativo", la persona che non rinnega ma che oramai appartiene al passato. Di fronte, "il positivo", il nuovo Antonio, quello che incontra la gente e racconta la sua storia non per un bisogno di autocelebrazione né per proporsi come un modello, ma per testimoniare che anche da una situazione di morte si può approdare alla vita.
Nel cammino dalla rabbia alla speranza non è sempre tutto facile, diffidenza e pregiudizio s'incontrano ad ogni passo, spesso bisogna andare avanti abbandonando qualcuno o qualcosa per strada. Antonio non ha più contatti con la sua famiglia d'origine che lo ha ripudiato e durante i permessi evita i posti dove potrebbe anche solo incrociare le persone sbagliate dei vecchi tempi. Il carcere, luogo di sofferenza, gli ha insegnato a riconoscere la prigionia, soprattutto quando essa si traveste da libertà. Gli ho chiesto come immagina il nuovo Antonio al di qua delle sbarre. Mi ha risposto che il sogno è quello di vivere una vita normale assieme a sua moglie e ai suoi figli e che il sogno, per quanto gli riguarda, è già realtà.