mercoledì 15 marzo 2023

MIMOSE E CULTURA: FESTA DELLA DONNA ALLE VILLE VESUVIANE - PRIMA PUNTATA

Cari Amici,
quest'anno, per l'8 marzo, noi donne italiane non abbiamo ricevuto solo mimose ma anche un graditissimo omaggio dal Ministero della Cultura: l'ingresso gratuito nei musei statali. Lungo tutto lo Stivale diversi istituti hanno aperto le porte alle donne organizzando per loro visite guidate e altre iniziative perché, si legge sul sito del Ministero, la Giornata Internazionale della Donna ha "un'importanza culturale". E qui concedetemi una digressione-riflessione. La cosiddetta "festa" ha una lunga storia fatta di lotte e rivendicazioni di diritti, di denunce delle violenze. Questo fatto dell'importanza culturale mi piace molto perché in realtà l'8 marzo dovrebbe servire a divulgare una "cultura della donna", ovvero a favorirne la conoscenza, il rispetto, perché no, anche una ri-conoscenza per debellare una volta per tutte certe mentalità arcaiche e senza un alcun fondamento. Dunque, in questo 8 marzo culturale, ho deciso di visitare due ville settecentesche del Vesuviano: Villa delle Ginestre a Torre del Greco e Villa Campolieto a Ercolano. 
Villa delle Ginestre
Le ville vesuviane sono ben 122, distribuite nei territori di Napoli, San Giorgio a Cremano, Portici, Ercolano e Torre del Greco. La maggior parte è concentrata lungo il Miglio d'Oro chiamato così per l'importanza economica che rivestì durante il regno borbonico. Fu infatti l'iniziativa di Carlo di Borbone, re di Napoli dal 1734 al 1759, che diede lustro a questo tratto di strada che va da Ercolano a Torre del Greco. Nel 1738, anno in cui iniziarono gli scavi archeologici a Ercolano, il sovrano e sua moglie Maria Amalia di Sassonia scelsero Portici per costruirvi una nuova reggia. La nobiltà seguì il loro esempio edificando dimore estive come se non ci fosse un domani e dando vita al patrimonio architettonico che conosciamo oggi.
Villa delle Ginestre
Villa delle Ginestre si chiama in realtà Villa Carafa d'Andria Ferrigni e sorge sulla collina dei Camaldoli nella frazione Leopardi di Torre del Greco, "'ncoppa 'a lava vecchia", cioè sulle colate vesuviane antecedenti all'eruzione del 1861. Non rientra nel circuito del citato Miglio d'Oro ma deve la sua importanza al fatto che ospitò Giacomo Leopardi nell'ultimo periodo della sua vita. Dal 1962 è proprietà dell'Università Federico II di Napoli e in comodato d'uso dell'Ente per le Ville Vesuviane e viene principalmente utilizzata per gli eventi culturali che celebrano l'opera del grande poeta. 
Villa delle Ginestre
La villa fu costruita alla fine del Seicento e ingrandita nel Settecento da Giuseppe Simioli, canonico e professore di teologia al seminario arcivescovile di Napoli, che qui aveva il piacere di riunire, da uomo colto, gli artisti e i letterati del suo tempo. Nel secolo successivo la proprietà passò per via ereditaria ai Ferrigni avendo una nipote del Simioli sposato Diego Ferrigni Pisone il cui figlio Giuseppe sposò a sua volta Enrichetta Ranieri, sorella di Antonio, patriota, scrittore, senatore del Regno d'Italia e amico del Leopardi. L'ultima proprietaria privata prima dell'acquisto da parte dello Stato fu Vittoria Carafa d'Andria.
Villa delle Ginestre - la cucinaVilla delle Ginestre - la cucina
La villa è circondata da altre case e villette moderne e vi si arriva percorrendo una stradina fiancheggiata da giardini e piccoli orti. L'edificio è davvero essenziale, quadrato e sviluppato su due livelli. Il portico neoclassico che regge la terrazza panoramica è un'aggiunta del 1907. All'epoca, il giovane Giacomo lo definì un "cubo bianco d'intonaco" ed effettivamente l'impressione generale è quella di un ambiente spartano, a tratti desolato e desolante, anche per la totale assenza di mobilio, fatta eccezione della stanza del poeta. Al piano terra si può subito visitare la cucina a legna in muratura. I fuochi erano costituiti da cerchi concentrici in ferro che venivano tolti o aggiunti a seconda della grandezza della pentola. Era dotata pure di un forno. Ma il massimo dello scoramento si raggiunge al piano nobile dove i visitatori si aggirano in piccole stanze completamente vuote fino a quando non giungono davanti a quella di Leopardi. 
Villa delle Ginestre - stanza di Leopardi
Qui è d'uopo fermarsi in contemplazione. Un letto, una "colonnetta", un comò, una scrivania con un leggio, una libreria a muro, delle sedie: questo è quanto rimane del passaggio del poeta che vi soggiornò dal 1836 fino al febbraio 1837, ospite di Antonio Ranieri e della sorella Paolina che si occuperà di lui fino alla morte. Qui, "su l'arida schiena del formidabil monte sterminator Vesevo", in una casa di campagna nel bel mezzo del nulla, nella primavera del 1836, venne composta La Ginestra, penultimo canto del poeta, dal quale prende nome la villa. Sempre qui, nell'estate dello stesso anno, vide la luce Il tramonto della luna. Entrambi i canti vennero pubblicati postumi nel 1845.
Villa delle Ginestre - stanza del Leopardi
Ma come ci arriva Giacomo Leopardi a Villa delle Ginestre? I più maliziosi risponderanno "per amore", ma noi ci rifacciamo alla storia un po' come la conosciamo, senza cadere nel pettegolezzo. Diciamo che da qualche anno il giovane è riuscito ad allontanarsi dall'ambiente asfissiante della casa paterna e di Recanati. Va a Roma, Milano, Bologna, Firenze e Pisa, frequenta ambienti letterari, conosce diverse persone, ed è proprio a Firenze che nel 1827 incontra Antonio Ranieri appena tornato in Italia dopo essere stato in esilio per le sue idee liberali. "Totonno" è giovane, bello, aitante, donnaiolo e senza il becco di un quattrino. Un personaggio controverso, sembra, che però prende a cuore la situazione di Giacomino, malato e impossibilitato a lavorare tanto da tirare avanti con un risicato assegno mensile concessogli dai genitori.
Villa delle Ginestre - stanza del Leopardi
I due diventano amici, ma è soprattutto Giacomo che si affeziona ad Antonio. Nel 1831 vanno insieme a Roma per tornare a Firenze l'anno successivo. Il tempo di riambientarsi che Ranieri è costretto a tornare a Napoli richiamato dalla famiglia ed è in questo periodo che riceve dal Leopardi delle lettere "appassionate" che vanno ben oltre la semplice dimostrazione d'affetto amicale e che destano sospetti sulla vera natura della loro rapporto. In ogni caso, nel 1833 Ranieri riparte alla volta di Firenze per condurre Giacomo a Napoli. La ragione ufficiale è il clima mite che tanto bene avrebbe fatto al ragazzo, il motivo vero è l'assegno mensile che tanto utile sarebbe stato a uno squattrinato come lui. Ranieri sostenne sempre di aver accudito l'amico a proprie spese, prima di essere smentito dalla scoperta di certe cambiali firmate dal poeta a suo favore.
Villa delle Ginestre - stanza del Leopardi
A Napoli vanno a vivere in una casa ammobiliata vicino via Toledo e qui cominciano i problemi. Ranieri (parole sue) lascia il suo letto per dormire accanto all'amico ammalato e la padrona di casa, Rosa Lang, vuole cacciarli entrambi per timore di una malattia infettiva. Leopardi, dal canto suo, è convinto che Rosa voglia impadronirsi dei suoi effetti personali mentre Ranieri gli dice senza peli sulla lingua che è lui a soffrire di paranoie. Alla fine vanno via nel maggio del 1835 e si stabiliscono al numero 2 di Vico Pero. Dopo neanche un anno, in seguito allo scoppio del colera in città, Giacomino, Totonno e la sorella di questi, Paolina, si trasferiscono nella villetta di Torre del Greco, un luogo che, secondo il Ranieri, il poeta letteralmente odiava perché odiava la campagna. 
Panorama da Villa delle Ginestre
Nel febbraio del 1837 la compagnia torna a Napoli, a Vico Pero. La salute del poeta era intanto peggiorata perché, stando sempre alle rivelazioni del Ranieri, in realtà il Leopardi era l'uomo degli eccessi. Dormiva poco, studiava troppo, si alzava tardi, pranzava nel pomeriggio, mangiava innumerevoli dolci, ingurgitava gelati, affondava nei cibi fritti. È il 14 giugno quando, prima di ripartire per Villa delle Ginestre, accusa un grave malore. Quel pomeriggio si era consolato con un chilo e mezzo di confetti cannellini comprati da Paolina in occasione dell'onomastico del fratello, una cioccolata calda, del brodo di gallina e una limonata ghiacciata. E da essi ebbe il colpo di grazia. Ranieri si occupò delle sue esequie, ma anche qui è un mistero che servirebbero altri dieci blog per raccontarlo. 



 









 

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