Cari Amici,
viaggiando viaggiando, vagabondando vagabondando, prima o poi inevitabilmente ci si perde. Basta una svolta sbagliata a un bivio sbagliato che i programmi saltano e i nervi pure. Inutile però prendersela con il navigatore o con chi ha letto a rovescio la mappa: con un po' di fortuna e spirito d'avventura si può sempre rimediare. La mia fortuna, questa volta, è stata di trovarmi sul confine tra Molise e Puglia, nei pressi del tratturo Castel di Sangro-Lucera dove un tempo passavano i pastori della transumanza e i pellegrini devoti di San Michele diretti sul Gargano. Poco lontano c'è il piccolo paese di Gambatesa il cui castello, avevo sempre sentito dire, è un vero gioiellino. Pazienza per l'itinerario che avevo organizzato ma, giacché mi sono ritrovata qui, io questo maniero dovevo assolutamente vederlo con i miei occhi!
L'attrattiva del castello di Gambatesa sono gli affreschi che ne decorano le pareti. Furono commissionati da Vincenzo di Capua e realizzati da un certo Donato da Copertino nel 1550, vent'anni dopo che il committente, grazie a un indovinatissimo matrimonio, divenne duca di Termoli e proprietario di diversi feudi, tra cui anche questo. Dell'artista non c'è stranamente nessuna traccia, né nel Salento, sua terra d'origine, né nel resto d'Italia, ma una cosa è sicura: conosceva molto bene i cicli romani pittorici del primo Cinquecento e, a guardarli attentamente, gli affreschi richiamano alcune opere di Raffaello Sanzio e Giorgio Vasari. Tali decori celebrano le gesta e le virtù dei di Capua, inneggiando spesso alla civiltà cristiana vincitrice assoluta sul paganesimo.
La visita si svolge sul piano nobile, lungo un percorso abbastanza lineare. Di stanza in stanza si rimane letteralmente impressionati dalla vivacità e dall'abbinamento dei colori, dallo stato di conservazione degli affreschi e soprattutto dal profondo simbolismo delle rappresentazioni. Anche se i simboli sono cose alle quali non siamo più avvezzi e qualche volta non riusciamo a leggerli, dobbiamo ammettere che hanno sempre un loro misterioso fascino. Dall'ampio atrio, decorato con scene mitologiche, si accede alla Sala del Camino dove, appunto, c'è un camino e sopra di esso un tondo raffigurante un guerriero. Probabilmente si tratta di Giovanni di Capua che nel 1495 sacrificò la propria vita per mettere in salvo quella di Ferdinando II d'Aragona.
Da qui, varcando un piccolo uscio, siamo subito nella Sala dei Paesaggi, detta così perché oltre a panorami davvero esistenti vi erano rappresentate anche vedute allegoriche con un significato morale rivolto sia all'individuo che alla società. Proseguendo, la Sala delle Maschere si presenta come la meglio conservata e la più carica di raffigurazioni simboliche. Le pareti sono interamente occupate da figure e maschere di divinità, uccelli e quadri di paesaggi. La natura selvaggia che ingloba qualche rudere rappresenta la rovina dell'olimpo pagano, mentre la Basilica Vaticana con annesse architetture urbane e figure di cittadini suggerisce la vittoria del Cristianesimo e quindi la sua bontà. Tra gli affreschi spuntano anche gli stemmi dei di Capua-del Balzo.
La Sala del Pergolato e il Salone delle Virtù sono le stanze che celebrano maggiormente il casato dei di Capua. Nella prima, rami di vite e grappoli d'uva fanno da cornice a tutta una serie di decorazioni allegoriche: l'Estate simboleggia la loro dedizione al lavoro, i Libri l'impegno nello studio, il Militare il sacrificio della vita e l'Eremo la rinuncia alla vanagloria. La scena della battaglia navale potrebbe riferirsi alla battaglia di Otranto (1481) che Alfonso d'Aragona liberò dai Turchi. Matteo di Capua morì in quella città proprio per difenderla dall'assalto saraceno.
Il Salone delle Virtù era la sala di rappresentanza in cui vi sono raffigurate tutte le qualità morali di Vincenzo di Capua: la carità, la fortezza, la prudenza, la giustizia, la pace, la fede, la consapevolezza della vanità delle cose materiali e l'attitudine a coltivare lo spirito.
La successiva Sala del Canneto fu decorata da un aiutante di Donato da Copertino con vedute naturalistiche dietro a una fila di canne. Era l'ambiente privato di Vincenzo di Capua, un passaggio per lo studiolo abbellito, invece, con scene mitologiche.
Io sono convinta che voi amici e fedeli lettori del blog di Teresita sarete più bravi a trovare la retta via per raggiungere questo minuscolo centro della provincia di Campobasso, ragion per cui vi invito, durante il weekend, a considerare il mio consiglio. Non dimenticate di apporre una firma sull'apposito registro all'ingresso del castello: sarà il vostro contributo alla realizzazione di un bel progetto di valorizzazione!
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