domenica 27 giugno 2021

LA TAVOLA PROCIDANA: RICETTE ANTICHE PER MODERNI BUONGUSTAI

Cari Amici,
La copertina del libro
se è vero che ogni luogo ha una propria anima che lo caratterizza e lo contraddistingue da qualsiasi altro luogo, allora uno degli aspetti di questo spirito è sicuramente la cucina tipica. I posti più accoglienti che ho potuto visitare sono quelli in cui si è riusciti a tramandare i riti legati alla stagionalità dei prodotti, al sapiente abbinamento degli ingredienti e all'amore nella preparazione delle pietanze.
Con il post di oggi voglio continuare a parlarvi di Procida, consigliandovi un libro da sfogliare, leggere e... gustare. Si tratta di un piccolo volume, La cucina di Graziella - le antiche ricette di Procida (Mario Raffone Editore, 1985) curato da Sergio Zazzera e Gabriele Scotto di Perta con la collaborazione del dottor Vittorio Parascandola e di alcune signore procidane, autentiche custodi della tradizione culinaria locale.
Sebbene si tratti di un'isola e il pesce sia il re della tavola, dobbiamo considerare che sin dai tempi antichi i "giusini", cioè i contadini che abitavano nella parte bassa di Procida rispetto a Terra Murata, coltivavano piccoli appezzamenti di terreno, allevando anche qualche animale da cortile. Ragion per cui la gastronomia procidana offre un ventaglio di possibilità pure a chi non predilige i frutti del mare.
Con gli ortaggi freschi, soprattutto fave, vengono preparate le famose minestre. I sapori dell'orto si ritrovano ancora nella parmigiana di melanzane e nei carciofi alla brace, tanto per citarne un paio. E che dire della tradizionalissima pizza di scarole?
Per quanto riguarda primi e secondi, non si può lasciare l'isola senza aver gustato la pasta "lardiata", ovvero condita con sugo di lardo, il "vunigghio à prucetana", il coniglio alla procidana, piatto della festa, la gelatina di maiale e, "dall'acqua salata", i calamari ripieni, le cicale arrostite, l'acqua pazza preparata con i pesci piccoli di paranza.
Il pesce, nella cucina procidana, è presente anche quando non ce n'è nessuna traccia, come nel caso del "pesce fiuto", il pesce fuggito dalla pentola, una pietanza poverissima per chi non poteva permettersi neanche un alimento che a Procida era ed è alla portata di tutti. 
Ad accompagnare queste ed altre prelibatezze il vino locale, rosso o bianco, ottenuto da diversi vitigni.
Troverete il libro molto bello anche dal punto di vista editoriale, con disegni originali. Non vi resta quindi che procurarvelo e iniziare il vostro viaggio procidano partendo dai fornelli. Buona lettura e buon appetito!


domenica 13 giugno 2021

UNA VITA NEL CARCERE DI PROCIDA: RICORDI E RIFLESSIONI DI UN MEDICO PENITENZIARIO

Cari Amici,
Copertina del libro
da qualche mese, dopo la sua proclamazione ufficiale di Capitale Italiana della Cultura 2022, Procida è sotto i riflettori di tutto il mondo. La più piccola e colorata isoletta del Golfo di Napoli, nota come meta di turismo balneare, è pronta a mostrarci ora il suo nucleo più consistente, quello dei monumenti sia civili che religiosi, delle tradizioni e delle personalità che le hanno dato lustro.
Tempo fa vi ho condotti con me sulla parte più alta dell'isola, Terra Murata, dove sorge un possente edificio, dapprima residenza dei d'Avalos e poi, dal 1830, bagno penale voluto dai Borbone per le particolari caratteristiche architettoniche e di isolamento. Qui il dottor Giacomo Retaggio ha esercitato per ben 25 anni la sua professione di medico, traendone esperienze e ricordi indelebili che hanno ispirato il suo libro L'isola nell'isola - una vita nel carcere di Procida (Edizioni Fioranna, 2013). 
Chiunque, come me, ha avuto la fortuna di visitare l'ex carcere con la sua guida concorderà sul fatto che si è trattato di un momento raro e indimenticabile, non capitando tutti i giorni di ascoltare dalla viva voce dei protagonisti i racconti di un luogo così particolare. Tuttavia, pure a chi lo avesse già visitato, consiglio questa lettura, un vero e proprio viaggio non solo negli ambienti fisici ma anche in quelli interiori.
La storia parte dal ritorno a Procida di un ex detenuto e dai suoi ricordi malinconici e "senza rancore". Cuono Barbato, il cui nome è naturalmente di fantasia, ripercorre la vita tra le sbarre, le lunghe giornate, gli appuntamenti fissi, le celle stracolme di gente, il rapporto con i compagni di detenzione e con il personale carcerario, la fatica di ottenere qualche concessione in più. 
L'autore, forte della sua profonda conoscenza della realtà penitenziaria, riesce a delineare ogni personaggio con una precisione (permettetemi il riferimento) autoptica. Ciò che colpisce davvero di questo libro, però, è la narrazione affidata alla voce di un carcerato e non, come poteva sembrare ovvio, a quella del medico. Penso che questa scelta non sia dovuta solo alle qualità empatiche e a una certa deformazione professionale di Retaggio, capace di calarsi nei panni della persona sofferente. Piuttosto la ragione va cercata, a mio avviso, nel messaggio intrinseco della storia che, oltre a essere un viaggio, è una riflessione sul significato della pena. Entriamo qui in un tema di grande attualità: cos'è il carcere, un luogo di puro confinamento o l'ultima possibilità di redenzione? E, nella fattispecie, cos'è l'ergastolo? Una giusta punizione o una "vigliacca difesa della società, incapace di risolvere altrimenti il problema"?
Il libro è corredato dalle foto e da un breve scritto di Aniello Intartaglia.