venerdì 24 marzo 2023

MIMOSE E CULTURA: FESTA DELLA DONNA ALLE VILLE VESUVIANE - SECONDA PUNTATA

Cari Amici,
ci siamo lasciati pochi giorni fa a Villa delle Ginestre, a Torre del Greco, dove il povero Giacomo Leopardi, entrato in amicizia con Antonio Ranieri, si era trasferito per sfuggire all'epidemia di colera che infestava la città di Napoli. Da qui ho ripreso il mio solitario cammino alla volta di Ercolano per visitare un'altra delle meravigliose ville vesuviane: Villa Campolieto. Anch'essa sotto la tutela dell'Ente per le Ville Vesuviane, ha necessitato di ben sei anni di restauri prima di essere aperta al pubblico. Si trova su Corso Resina, la Strada Regia per le Calabrie poi denominata Miglio d'Oro, praticamente disseminato di grandiosi palazzi più o meno ben conservati. 
Villa Campolieto
Villa Campolieto fu eretta in vent'anni, dal 1755 al 1775, per volere del principe Luzio de Sangro e, per bellezza e magnificenza, è forse seconda solo alla vicina Reggia di Portici. Il progetto e i lavori iniziali furono affidati all'architetto Mario Gioffredo che portò il cantiere a un buon punto prima di perdere l'incarico a causa di alcuni contrasti sorti con la nobile famiglia. In un primo momento si pensò a Michelangelo Giustiniani come sostituto, ma in seguito la scelta cadde su Luigi Vanvitelli che diresse la fabbrica per un decennio fino alla sua morte, nel 1773. L'opera fu completata due anni dopo dal figlio Carlo.
Villa Campolieto
Luigi Vanvitelli volle dare all'edificio un aspetto monumentale e per raggiungere il suo obiettivo si vide costretto a stravolgere il disegno del Gioffredo insistendo su elementi come le colonne e la scalinata che dà accesso al piano nobile. Questa, alla sua sommità, si divide in due rampe laterali e presenta sei nicchie contenenti statue a soggetto mitologico. Anche il portico ellittico, sul lato posteriore, si presenta in tutta la sua imponenza gareggiando quasi con l'immensità del mare.
Villa CampolietoVilla Campolieto
Villa CampolietoVilla Campolieto
Al primo piano il visitatore, come gli ospiti di un tempo, viene accolto in un vestibolo che introduce negli appartamenti. Gli affreschi che decorano le stanze sono un vero e proprio spettacolo per gli occhi. Passando per la stanza detta "del cannocchiale" per la prospettiva che essa offre, si giunge al "gazebo", ovvero in quella che era la sala da pranzo. Gioffredo l'aveva pensata quadrata, ma il Vanvitelli osò e la rese un ambiente particolarissimo. Da quadrata la sala divenne rotonda attraverso la tecnica dell'incannucciata con la quale una struttura in legno e bambù veniva ingessata e poi affrescata. 
Villa Campolieto - Il Gazebo
Gli affreschi, eseguiti da Fischetti e Magrì, rappresentano un gazebo ricoperto da una vite, coltivata nelle proprietà terriere del principe Luzio, dove la famiglia si intratteneva con gli amici durante la canicola estiva. Dando le spalle alla finestra, da destra verso sinistra possiamo osservare una serie di scene che hanno come protagonisti i de Sangro e chi a vario titolo frequentava la loro casa. Nella prima un gruppo di persone gioca a carte: tra di loro c'è anche il principe Luzio. A seguire, sullo sfondo, vediamo le isole del Golfo di Napoli mentre, dopo la porta, vi è un raro autoritratto del Vanvitelli che scruta il cielo con un monocolo. 
Villa Campolieto - Il gazeboVilla Campolieto - Il gazebo
E come in ogni dimora gentilizia che si rispetti non poteva mancare il salone delle feste anche se le residenze estive erano progettate privilegiando gli spazi esterni come terrazze e giardini. Il salone delle feste presenta un soffitto a botte, purtroppo in maggior parte non leggibile, decorato con festoni, amorini, figure mitologiche. Le pareti raccontano il mito di Ercole e su tutto l'ambiente sembrano vegliare l'Abbondanza e la Sapienza raffigurate sulle lunette delle porte.
Villa Campolieto
Anche questo viaggio direi che si è concluso positivamente. Ancora una volta ho avuto la possibilità di conoscere nuovi posti e di mostrarvi la loro secolare venustà. Ci vorrebbero più giornate come quella dell'8 marzo, per tanti motivi. Anzi, tutte le nostre giornate di donne dovrebbero essere una festa. 







 

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