Cari Amici,
questo vagabonviaggio inizia con una premessa inquietante: Terribilis est locus iste. Hic domus Dei est et porta coeli. Questo è un luogo terribile. Qui è la dimora di Dio e la porta del cielo. Ebbene sì, anche quest'anno, nella notte tra il 28 e il 29 settembre, siamo tornati a frotte alla grotta dell'Arcangelo Michele a Monte Sant'Angelo sul Gargano. A piedi, con una torcia e un rosario in mano, uno scapolare al collo e la speranza di giungere a destinazione sani e salvi perché terribile non è solo il posto ma pure la strada per arrivarci.
Per la seconda volta ho scelto di unirmi alla Compagnia di San Marco in Lamis e subito ecco la novità: a differenza dell'anno scorso, invece di essere i soliti anonimi "pellegrini micheliti" ci chiamiamo "romei santimichelari" e abbiamo anche un certificato di partecipazione con timbro di partenza e arrivo. Il percorso è quello di sempre: San Marco in Lamis-->Borgo Celano-->San Giovanni Rotondo-->Monte Sant'Angelo, scegliamo però di evitare il bosco per fare il sentiero che sale direttamente alla Basilica. Dicono si faccia prima e noi abbiamo fretta di arrivare in tempo per il tradizionale incontro con i gruppi di Vieste e Manfredonia davanti al cancello della chiesa.
Siamo in tanti, quasi duecento, e tutti, dopo il rito penitenziale nella Chiesa Madre, ci rechiamo in una lunga fiaccolata a salutare il compianto Gabriele Tardio, studioso acuto e guida spirituale, scomparso all'improvviso lo scorso giugno. La sua mancanza si sente e perciò gli chiediamo di accompagnarci da lassù così come aveva fatto quand'era ancora quaggiù.
Sono trascorse circa tre ore, abbiamo fatto già una sosta di preghiera alla chiesa della Madonna di Lourdes a Borgo Celano. Ora siamo a San Giovanni Rotondo dove ci siamo fermati di nuovo per pregare e aspettare che si aggreghino altri compagni di cammino. È più o meno mezzanotte, l'ideale per prendere penna e taccuino e buttare giù qualche riga estemporanea. Annoto una frase che ho sentito da un ragazzo conosciuto qui:‹‹La parola crea››. Ecco perché siamo qui stanotte, perché la preghiera è parola e la parola, tanto tanto tempo fa, creò addirittura un mondo intero...
Quattro del mattino di domenica 29 settembre: siamo a un bivio, ma per fortuna sappiamo che strada prendere! È il bivio di Monte Sant'Angelo e ci siamo arrivati recitando non so quanti rosari e grazie a Dio senza incidenti. La stanchezza è incommensurabile e come sedia abbiamo a disposizione solo un guard rail bagnato d'umidità che, per carità, a quest'ora e in questo luogo impervio non è mica tanto male. Facciamo il rito della corda che consiste nell'appoggiarsi una piccola fune sul collo come simbolo del giogo portato per amore di Cristo e baciamo la croce. Quindi si riparte. Inizia il tratto più duro, tutto in salita, con la possibilità di fermarsi un'altra sola volta, che ci porterà al famoso sentiero. Gira voce che siamo un po' in ritardo sulla tabella di marcia e perciò, come se non bastasse, dobbiamo allungare pure il passo.
Mentre intraprendiamo la scalata, passa un autobus di pellegrini diretti anche loro alla santa grotta. Sembra un miraggio. Imbocchiamo il sentiero che è quasi l'alba. Il panorama del monte Gargano lascia senza parole noi che ormai siamo allo stremo delle forze ma mancano altri quaranta minuti di cammino e bisogna stringere i denti. Il sole si alza pian piano e si sentono le campane della Basilica che accolgono festosamente i camminatori della notte. Come ultimo simbolico gesto, gettiamo dalla scarpata la pietra che abbiamo raccolto strada facendo per significare la rinuncia al peccato che appesantisce la nostra ascesa spirituale.
Ed eccoci finalmente arrivati in questo posto che abbiam detto terribile per varcare la porta della casa di Dio. Bisogna avere pazienza e si entra tutti. Siamo più morti che vivi e ci fanno male i piedi e le gambe ma non vogliamo rinunciare alla messa come degna conclusione del nostro pellegrinaggio. All'uscita tutti giuriamo che sarà l'ultima volta e io mi chiedo che parliamo a fare se poi l'anno prossimo saremo puntuali all'appuntamento.
Ma sì, in fondo ce la siamo cavata con un paio di bolle ai piedi e qualche dolorino diffuso che subito passa. Chi si ferma è perduto, pure nella fede, e noi dobbiamo perciò camminare, camminare...
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