Cari Amici,
dove eravamo rimasti con la nostra passeggiata napoletana? Ricordate? Eravamo partiti dalla Reggia di Capodimonte per poi visitare altri edifici nobiliari e luoghi sacri. Al nostro itinerario, però, manca un'ultima tappa, quella nel quartiere più colorato e vivace del centro storico: la Sanità. Il rione natale di Totò si estende dal Borgo dei Vergini all'ospedale San Gennaro dei Poveri e ha una lunga storia che parte addirittura dall'epoca greco-romana. Fu, corso dei secoli, una sorta di zona residenziale per famiglie nobili e borghesi, mentre oggi è un posto variegato, pullulante di mercati, piccoli negozi, trattorie e pizzerie tra le più buone della città. Ci metteremo in marcia dalla Basilica di Santa Maria alla Sanità, dove abbiamo visitato le catacombe di San Gaudioso, e percorreremo via Arena alla Sanità, il suo cuore caldo e ospitale.
Il primo immobile signorile in cui ci s'imbatte è Palazzo Sanfelice che prende il nome del suo proprietario, il nobile napoletano Ferdinando. Architetto e pittore, fu lui stesso a progettare questa dimora per sé e per i suoi congiunti in un sito salubre che all'epoca era fuori dal centro cittadino. Il tutto fu messo in piedi tra il 1724 e il 1728, inglobando un'altra fabbrica acquistata in precedenza. Ora esso è abitato da famiglie napoletane molto pazienti con i visitatori che godono di libero accesso nel cortile e ai piani.
Come architetto, Ferdinando era soprannominato "lievat' 'a sott", togliti di sotto, a motivo delle strutture mingherline che risultavano dai suoi progetti e che davano l'impressione di crollare da un momento all'altro. In effetti, anche Palazzo Sanfelice con i suoi piani alti, i balconi e i cortili dà questa sensazione. Salendo per le ampie scalinate, si possono notare qua e là resti di stemmi nobiliari affrescati. A decorare l'interno fu Francesco Solimena, suo maestro, mentre Giuseppe Sammartino scolpì le statue della cappella privata. Purtroppo di tutta quest'arte oggi non rimane più nulla.
Proseguendo sulla stessa traiettoria, un altro palazzo molto simile si affaccia sulla strada principale, quello detto "dello Spagnuolo". Come Palazzo Sanfelice presenta una doppia rampa di scale, ad ali di falco. Il motivo è subito detto: il marchese Nicola Moscati di Poppano ne affidò il disegno e la realizzazione al Sanfelice che riprese le forme del palazzo che si era costruito per sé. Il Palazzo dello Spagnuolo fu eretto nel 1738 su due lotti ereditati dalla moglie del Moscati e tuttora si presenta ben conservato.
Decorato in stile rococò con gli stucchi di Aniello Prezioso, il palazzo era frequentatissimo da Carlo III di Borbone che durante il percorso verso Capodimonte lo usava a mo' di posta per cambiare i suoi cavalli con dei buoi, gli unici animali in grado di affrontare la ripida salita. Alla fine del Settecento fu acquistato da Tommaso Atienza, un nobile spagnolo che gli diede il suo soprannome e lo trasformò secondo i suoi gusti.
Nel 1850 la proprietà viene acquistata dalla famiglia Costa poiché gli Atienza, poco oculati nelle spese, si erano indebitati fino all'osso. Successivamente essa venne frammentata per ricavarne diversi appartamenti due dei quali, all'ultimo piano, sono della Regione Campania. In passato, qui era ospitato l'Istituto delle Guarattelle, cioè dei burattini. Il secondo e terzo piano dovevano essere sede di un museo, mai aperto, dedicato al Principe della Risata. Davvero particolari, sulle porte delle abitazioni, i medaglioni con il busto raffigurante il padrone di casa.
Dai palazzi nobiliari si passa a una povera residenza in un povero stabile in via Santa Maria Antesaecula n.109 dove, il 15 febbraio 1898, da Anna Clemente, nasce Antonio de Curtis, soprannominato Totò dalla madre ed entrato nella storia con lo stesso nomignolo. Accanto al portone del palazzo una targa commemorativa, pagata dagli abitanti del quartiere, lo celebra come "comico impareggiabile, uomo di nobili sentimenti e poeta insigne".
Vita singolare quella dell'attore partenopeo che, a dispetto del suo sangue blu, dei sette nomi, dei due cognomi e dei sedici titoli, nacque e crebbe in condizioni disagiate. Il padre naturale, il marchese Giuseppe de Curtis, col quale sua madre ebbe una relazione clandestina, lo riconosce solo quando il giovane ha ormai 23 anni e l'adozione da parte del marchese Francesco Maria Gagliardi arriva addirittura nel 1933. Nel frattempo Totò è un bambino con una forte vocazione artistica e poca voglia di studiare, con entrambi i genitori contrari alla sua passione per il teatro.
Si prova una certa amarezza entrando nel cortile da cui, alzando lo sguardo, si può vedere la finestra della cucina al secondo piano. Alla porta d'ingresso si arriva tramite una scalinata stretta e piuttosto buia anche di giorno. Di fronte all'entrata chiusa si rimane costernati al pensiero di quanta storia e quanta ricchezza culturale vi si celi dietro senza che vi si possa letteralmente accedere. Battaglie legali e ricorsi, progetti dimenticati e promesse disattese hanno trasformato la casa di Totò in un caso giudiziario che di fatto ha ritardato ogni intervento di riqualificazione.
Prima che nel 2001 diventasse proprietà di Amelia Canoro e di suo figlio Giuseppe De Chiara, entrambi attori di teatro, era occupata abusivamente e su di essa gravavano dei vincoli etnoantropologici. Gli attuali proprietari la comprarono a un'asta andata deserta per 18.400 €. Due anni prima dell'acquisto la madre sogno Totò e solo a conclusione della compravendita realizzò che quella era la sua casa natale. Ci fu un diverbio perché i 90 m² catastali non coincidevano con la superficie reale. Infatti, gli abitanti irregolari l'avevano divisa cedendo un vano a un altro appartamento, quello del numero 107.
Insomma, una storia lunga e a tratti assurda che certamente non restituisce onore a chi di onore alla città ne ha dato tanto. Tuttavia è di circa un mese fa la notizia che De Chiara, stanco di affidarsi alle Istituzioni, ha deciso di avviare privatamente, a vent'anni dall'acquisto, i lavori di ristrutturazione e di ridare così alla casa la dignità di luogo della memoria. Il progetto ha avuto una prima approvazione dalla Sovrintentenza per i Beni Culturali e questo ha riacceso la speranza. Totò avrebbe commentato: "Ogni limite ha una pazienza!"
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