Cari Amici,
la domenica appena trascorsa, se non fosse stato per l'impossibilità di organizzare degni festeggiamenti, ci avrebbe regalato uno dei momenti più giocoromantici di sempre. Il 14 febbraio 2021, infatti, se lo sono conteso l'ultima domenica di Carnevale e la festa di San Valentino. Io, per dare un po' di colore e allegria alla giornata, mi sono messa a scavare nei ricordi e proprio nel "cascione" dell'estate scorsa ho trovato qualcosa che già da tempo avrei voluto mostrarvi: una fabbrica dove si produce felicità a quintali e dalla quale è partita una tradizione che sa di amore e buonumore. Sto parlando naturalmente della Premiata Fabbrica di Confetti "Mucci Giovanni", nel centro storico di Andria, fondata nel 1894 da Nicola e gestita dai suoi eredi.
Oltre al punto vendita, la sede storica ospita il Museo, aderente al circuito dei "Locali Storici d'Italia" e riconosciuto dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Ma prima di accompagnarvi in questo incredibile luogo di genio imprenditoriale e cultura, vorrei raccontarvi cosa c'entrano i confetti dei Mucci con l'amore e il Carnevale.
L'etimologia della parola "confetto" ci riporta a un verbo latino che significa "confezionare" con riferimento al fatto che la mandorla viene appunto racchiusa in uno strato di zucchero. Un'immagine delicata e dolce che però cozza un poco con l'usanza della petresciata (p'tr'scioit nel dialetto locale), ovvero "lancio di pietre". Originariamente era consuetudine, per i giovani innamorati andriesi, di presentarsi, ogni ultima domenica di Carnevale, davanti casa della futura sposa e lanciare contro l'ingresso i diavoloni Mucci, grossi confetti simili a sassi per forma e grandezza, impossibili da mangiare. Questo rito serviva ad attirare prosperità e salute, ma procurava ingenti danni alla porta e a volte anche alle persone.
Per evitare che qualcuno si facesse male sul serio, la tradizione venne resa, diciamo così, più tenera e commestibile. Ancora oggi, durante tutto il periodo del fidanzamento, la madre di lui fa recapitare alla ragazza i mitici Tenerelli disposti in un vaso, una ciotola o altro oggetto raffinato. Se anche solo per una volta il dono non giunge all'indirizzo della fanciulla in trepida attesa, brutto segno... Vuol dire che l'unione non è più gradita.
I Tenerelli sono un'invenzione della casa Mucci e appaiono per la prima volta negli anni Trenta del secolo scorso, divenendo a tutti gli effetti patrimonio della città di Andria. Di essi sappiamo soltanto che sono fatti di mandorle di Toritto e nocciole del Piemonte ricoperte da un doppio strato di cioccolato e confettatura colorata. La ricetta è proprietà esclusiva della famiglia. Nicola, il fondatore, era figlio di Raffaele, proprietario di un caffè-pasticceria. Prima di avviare la sua fortunata attività, si era trasferito a Napoli per studiare presso la famosa cioccolateria svizzera Calfish in via Toledo. Tornato nella sua città, apre una piccola fabbrica di confetti, cioccolato e caramelle nei pressi della Cattedrale. La specialità è la Mandorla Imperial, un confetto prodotto con la pregiata mandorla pelata Avola di Puglia ricoperta di cioccolato bianco e leggermente confettata. In poche parole, l'antenato dei Tenerelli.
L'impresa di Nicola va avanti tra alti e bassi, dovuti anche alla crisi del 1929, fino al 1945 quando il testimone passa a suo figlio Giovanni che dà vita all'attuale brand "Mucci Giovanni dal 1894". Dal 1975 l'azienda vede protagonisti i figli di Giovanni e poi ancora i suoi nipoti che con entusiasmo portano il sogno di Nicola a diventare una realtà sempre più grande. Tant'è vero che nel 1987 viene inaugurato il moderno stabilimento di Trani dove è ubicata l'intera produzione di confetti e dragées. Qui, ogni anno, si lavorano quantità industriali di cioccolato, mandorle di Toritto, Pizzuta d'Avola e nocciole del Piemonte IGP.
Il Museo, annesso al punto vendita nella sede storica, è stato ricavato nei vecchi locali della produzione. Nasce nel 2004 per raccontare la storia della famiglia Mucci e della sua attività, nonché per far conoscere un fenomeno culturale oltre che imprenditoriale. Una gentile signora accompagna i visitatori attraverso le sale che custodiscono, come uno scrigno, macchinari, utensili, stampini di vario genere, documenti ufficiali e ricordi familiari. Penso sia cosa ardua e quasi temeraria trasmettere, con le sole parole e foto, le sensazioni che si provano varcando la soglia della Fabbrica. Come descrivere, quali aggettivi usare per rappresentare la sinfonia di eleganza, grazia, garbo, profumo di zucchero, colori e forme ricercate? Questa volta non posso che ammettere una certa inadeguatezza.
Gli antichi attrezzi del mestiere tramandano la storia di un lavoro che aveva ancora bisogno della manualità sapiente dell'uomo. La chianca, lastra di pietra dove le mandorle venivano sgusciate a mano, il pelamandorle, il branlante, il mulino a martelli e un'infinità di utensili, imbuti e stampini rievocano la presenza di decine di operai che condividevano la visione e la passione dei Mucci. Alla loro operosità si univa l'estro dei decoratori che con la loro arte completavano l'arte del confetto.
E con questo si conclude il nostro viaggio nella dolcezza, ma l'itinerario continua all'insegna del gusto. Per la terza ed ultima tappa, andremo dritti a Corato, dal buon Mariano, pronti a degustare i suoi piatti dal sapore deciso e a strappargli qualche segreto sull'appetitoso vivere.
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