mercoledì 2 settembre 2015

IL TRAPPETO DEI MISTERI

Cari Amici,

come mai le iscrizioni in latino sono sempre così inquietanti, ma soprattutto perché le ritroviamo spesso nei posti più assurdi? E ancora, cos'ha a che fare la molitura delle olive con il fatto che ciò che non è eterno è uguale al nulla? Queste domande mi frullavano nella testa mentre due volenterosi ragazzi di nome Gennaro del Viscio e Davide Rinaldi, rispettivamente conservatore e guida museale, c'introducevano nel Museo Trappeto "Maratea". Siamo a Vico del Gargano, il presidio garganico dell'amore e dei baci, dove la dolcezza la fornisce la pasticceria Pizzicato e il mistero un'antica fabbrica di olio.
Il Museo Trappeto "Maratea" a Vico del Gargano
Il termine "trappeto" deriva dal verbo greco trappeo che significa "schiacciare". Mentre la maggior parte dei moderni trappeti sono automatizzati e occupano strutture in superficie, quelli antichi come questo venivano costruiti sotto terra per conservare la temperatura dell'ambiente e funzionavano con la forza delle braccia. Il Trappeto "Maratea" appartiene all'omonima famiglia che lo ha trasformato in museo, precisamente nel Museo dei Sistemi Agricoli Tradizionali del Gargano. Il Comune lo ha affittato, Gennaro e Davide lo mostrano ai visitatori.
Il Museo Trappeto "Maratea" a Vico del GarganoIl Museo Trappeto "Maratea" a Vico del Gargano
Non appena scendiamo l'ultimo scalino e mettiamo piede nell'ipogeo, ci viene comunicato che in realtà non si sa granché di questo luogo, che il primo documento ufficiale che ne parla risale al 1317 e che di stranezze, quaggiù, se ne notano parecchie. Insomma, l'arcano ci è stato subito servito.
Il Museo Trappeto "Maratea" a Vico del Gargano
Il trappeto originario è stato ricavato nella roccia a colpi di picone e ancora oggi ospita la molazza e i torchi. Le olive venivano gettate sotto le macine che un asino faceva girare dalla mattina alla sera e ridotte in pasta. Quindi la pasta di olive veniva sistemata in sacchi di iuta cuciti a mano e tali sacchi impilati sotto i quattro torchi per la spremitura vera e propria. Un addetto girava un argano e così questi si mettevano in moto. Dalla pressatura dei sacchi fuoriuscivano acqua e olio. Il secondo saliva in superficie perché di peso specifico molto più leggero e si divideva dall'acqua per tracimazione.
Il Museo Trappeto "Maratea" a Vico del Gargano
Il Museo Trappeto "Maratea" a Vico del GarganoIl Museo Trappeto "Maratea" a Vico del Gargano

Il Museo Trappeto "Maratea" a Vico del GarganoIl Museo Trappeto "Maratea" a Vico del Gargano
Una volta prelevato l'olio, l'acqua di vegetazione veniva buttata in una cavità naturale, modellata col fedele picone, che arriva alla falda e che veniva sinistramente chiamata "inferno" poiché non si sa in effetti dove va a finire. 
Il Museo Trappeto "Maratea" a Vico del Gargano
Accanto alla grotta primitiva, un altro ambiente, oltre certi archi, rappresenta l'ampliamento avvenuto nel Seicento. Si tratta di una stanza con tutta un'altra storia in cui ci sono ancora elementi che lasciano un po' così, un po' perplessi. La prima evidente bizzaria sono proprio quegli archi che ricordano tanto la navata di una chiesa. A questi aggiungete dei depositi di olive (guarda caso) a forma di nicchia e pure un'epigrafe latina, scritta in un vago alfabeto cirillico, che vi ammonisce ricordandovi che "ciò che non è eterno è nullo". Originale, no, per essere un semplice trappeto? 
Il Museo Trappeto "Maratea" a Vico del Gargano
Il Museo Trappeto "Maratea" a Vico del Gargano
Il sospetto che si tratti di un ex luogo di culto è forte e del resto un altro documento del Seicento che testimonia la visita dell'allora vescovo di Siponto, Vincenzo Maria Orsini, mette in lista tre chiese mancanti all'appello: due non esistono più, la terza, quella di "San Giovanni Battista nel rione Casale", potrebbe essere questa. All'interno della stanza-chiesa vi è anche un camino monacesco utilizzato per aumentare e mantenere stabile la temperatura e accelerare in questo modo la separazione tra acqua e olio. 
Il Museo Trappeto "Maratea" a Vico del Gargano
Lasciare un luogo con la stessa sensazione di aver guardato una puntata di X-Files potrebbe non piacere a tutti, ma forse, mi sono detta, è vero che non è necessario conoscere ogni cosa. Anche la storia ha diritto ad avere i suoi segreti e quello che riusciamo ad apprendere o ci basta o ce lo facciamo bastare. Ora però, siccome il tempo è tiranno, dobbiamo veramente andare. Salutiamo Gennaro e Davide e ci dirigiamo verso la prossima grotta.

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