Cari Amici,
riprendiamo il nostro viaggio nella storia dell'Osservatorio di Capodimonte dal 7 giugno 1815. Ferdinando si era incoronato re del Regno delle Due Sicilie e torna a Napoli. L'incertezza sul destino del cantiere di Miradois aveva già iniziato a serpeggiare tra gli scienziati ma per fortuna Ferdinando scelse la politica della continuità e chiese al direttore dell'Osservatorio di Palermo, Giuseppe Piazzi, di trasferirsi in città e seguire i lavori di completamento. L'astronomo propose una rivisitazione del progetto, portato a versione definitiva da Stefano Gasse.
Alla fine del 1818, Piazzi, oramai anziano e desideroso di finire i suoi giorni nella sua amata Sicilia, caldeggiò la nomina di Carlo Brioschi quale nuovo direttore dell'Osservatorio. Intanto i lavori andavano avanti fino ad essere completati nel 1819 con la posa di un'iscrizione che celebrava Ferdinando I "incrementatore" dell'astronomia a Napoli.
Oggi ne ammiriamo l'edizione definitiva nell'edificio monumentale. Uno scalone porta a un vero e proprio palazzo con una facciata a sei colonne sormontata dalla targa dedicata a Ferdinando I. Le torri a est e ovest sono di epoca successiva. La struttura ospita il museo degli strumenti antichi e vi si entra attraverso un vestibolo con volta a botte e un lucernario.
Naturalmente, trovandoci in un tempio della scienza, non poteva mancare, oltre a quella architettonica, la parte astronomica della visita. Come ho accennato all'inizio, il dottor Terranegra ci ha guidati alla scoperta del cerchio meridiano che serviva a individuare una stella nell'istante preciso del suo passaggio e quindi a regolare gli orologi sull'ora esatta. Quello che abbiamo visto è il vecchio cannocchiale del 1874 corredato di due collimatori, una livella a sospensione, una vaschetta per il mercurio e un carrello d'inversione.
Il cannocchiale era montato su un asse fisso orientato da est a ovest. La precisione con la quale poteva puntare l'astro era dovuta ai due collimatori, uno a nord e uno a sud. La livella serviva a verificare la perfetta orizzontalità dell'asse di rotazione, compromessa a volte da fenomeni come il terremoto. L'astronomo si posizionava su una sorta di lettino mentre due collaboratori azionavano manualmente i cerchi laterali che spostavano il telescopio a seconda del tipo di osservazione.
Nell'Ottocento l'osservazione era affidata molto alla competenza e alla perizia dell'astronomo il quale usava esclusivamente l'occhio e l'orecchio. Osservando il moto apparente dell'astro, quando questo si trovava sulla linea centrale del micrometro, egli contava i secondi battuti da un orologio a pendolo e annotava l'ora e il minuto. Come è facile immaginare, questo metodo non era esente da errori. La ditta Repsold per cercare di ridurne il margine, nel 1890 creò il "micrometro impersonale" che seguiva però tutto un altro metodo.
Questo telescopio non è più in uso, rimpiazzato da una strumentazione a tecnologia avanzata, ma ha ancora un suo fascino indiscusso. Se continuerete a seguirmi, nel prossimo vagabonviaggio vi porterò dalle stelle... ma non alle stalle, bensì in un luogo in cui creatività e manualità fanno ancora la storia di Napoli.
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