Cari Amici,
a proposito di feste e ricorrenze, non crediate che esse fossero esclusiva della casa reale. Anche gli altri blasonati, nel loro "piccolo", se ne vedevano abbastanza bene e la vita andava avanti così tra pranzi, cene e intrattenimenti vari. In questo post vi parlerò di tavole imbandite e stoviglie perché, certo, pure il piatto doveva essere all'altezza dei commensali e del loro rango. Per fare ciò, ci spostiamo alla Villa Floridiana, adagiata col suo parco sull'amena collina del Vomero, dove è conservato un servizio da tavola che viene esposto solo in particolari occasioni.
a proposito di feste e ricorrenze, non crediate che esse fossero esclusiva della casa reale. Anche gli altri blasonati, nel loro "piccolo", se ne vedevano abbastanza bene e la vita andava avanti così tra pranzi, cene e intrattenimenti vari. In questo post vi parlerò di tavole imbandite e stoviglie perché, certo, pure il piatto doveva essere all'altezza dei commensali e del loro rango. Per fare ciò, ci spostiamo alla Villa Floridiana, adagiata col suo parco sull'amena collina del Vomero, dove è conservato un servizio da tavola che viene esposto solo in particolari occasioni.
E come potete immaginare ho avuto la fortuna di ammirarlo niente di meno che sul tavolo della sala da pranzo della villa. Questa dimora che oggi ospita il Museo Nazionale della Ceramica "Duca di Martina", un tempo era abitata da Lucia Migliaccio, duchessa siciliana di Floridia, seconda moglie morganatica di Ferdinando IV di Borbone. Lucia non divenne mai regina consorte, ma nel 1815 si consolò con questa casetta ricevuta in dono dal marito il quale acquistò anche altre proprietà circostanti che andarono ad ampliare il parco.
La sala da pranzo dove la duchessa consumava i suoi pasti era frequentata assiduamente dalla famiglia reale. L'arredo comprendeva la tavola e delle credenze con del vasellame ad uso della cucina. Il servizio che sto per presentarvi, però, risale al 1830 e quindi non fu mai utilizzato dalla Migliaccio, passata a miglior vita quattro anni prima. Esso fu regalato dal conte Carrara e presenta una peculiarità: 176 pezzi della manifattura Giustiniani, in diverse forme che riprendono quelle del vasellame classico, decorati con motivi e allegorie antichi.
I Giustiniani erano originari di Vietri sul Mare e tra il XVII e il XIX secolo hanno dato il nome a una nota fabbrica napoletana. Su questo servizio è inconfondibile la loro mano. Ogni pezzo riporta la "marca", G o BG (Biagio Giustiniani) in modo da non essere confuso con altre manifatture straniere, e si distingue anche per il bordo. Ma la vera particolarità è il materiale.
Per realizzare questo servizio venne usata la terraglia nera, decorata con figure gialle che nella manifattura Giustiniani sono dette "figure rosse". La decorazione "all'etrusca" o "all'antica" si ispirava agli scavi di Ercolano e Pompei a cui, ricordiamolo, i Borbone avevano dedicato molta attenzione. La terraglia veniva ottenuta con una pasta di argilla, quarzo e feldspato. Restano pochi esempi di questo genere di manufatti che venivano acquistati da chi non poteva permettersi né argento né porcellana.
In poche parole, questi bellissimi oggetti che conserviamo con tanto riguardo all'epoca erano roba per poverini. Pur tuttavia, sempre all'epoca, avevano un potenziale economico non sottovalutabile. Tra i primi ad intuire le possibilità della terraglia fu Domenico Venuti, direttore artistico della Real Fabbrica di Capodimonte dal 1780 al 1799. Egli fondò una vera e propria scuola d'arte che realizzava servizi per tutti i gusti e tutte le tasche incoraggiando lo stile neoclassico.
Sarò sincera, se vi invitassi a pranzo non vi servirei mai la mia lasagna in piatti come questi, ma ogni generazione ha le sue tendenze e sicuramente il conte Carrara faceva la sua bella figura. A noi non resta che apprezzare e preservare, perché mani così abili e sapienti forse non esistono più.
0 Comments:
Posta un commento