Cari Amici,
nei viaggi, a volte, bisogna avere anche un pizzico di fortuna e io davvero non posso lamentarmi. Lo scorso weekend, infatti, in occasione della Sagra del Mare a Procida (NA), sono stata tra i pochi turisti che hanno potuto visitare in esclusiva la Riserva Naturale Integrale di Stato di Vivara, purtroppo ancora chiusa al pubblico. Prima però di raccontarvi della mia passeggiata naturalistica, storica e culturale vi invito a dare un'occhiata alla cartina geografica e a usare un po' di fantasia: eccolo lì l'isolotto, non sembra pure a voi un delfino guizzante in mezzo al mare?
Tanto per cominciare vi presento la nostra eccellente guida, il professor Michele Scotto Di Cesare, naturalista e studioso della flora di Vivara. Con lui abbiamo fatto parecchia strada a piedi ma neanche ce ne siamo accorti tanto è riuscito a incantarci con la sua esposizione chiara e precisa dei fatti. E i fatti sono questi che seguono...
Dunque l'isolotto di Vivara, o Vivaro come qualcuno si ostina ancora a chiamarlo, oggi proprietà dell'Ospedale di Procida Albano Francescano, è geologicamente parlando la parte emersa del cratere di un antico vulcano. Vi si accede da Procida attraverso un ponticello che è invece proprietà dell'Acquedotto Campano, trattandosi in realtà di una passerella portatubi costruita nel 1957 e ricostruita quattro anni fa per convogliare l'acqua da Ischia. A rendere inaccessibile il luogo ci pensano due cancelli che ogni procidano ha avuto l'ardire di scavalcare almeno una volta nella vita.
Appena superati il primo cancello e il ponte, in cima alle scale che negli anni Trenta hanno consentito alla regina Maria José un accesso agevole all'isolotto, troviamo la "Casa del Caporale", chiamata così perché fu dimora del caporale della guardia del corpo in congedo di Carlo III di Borbone. Da qui si entra in un sentiero delimitato da una fitta macchia mediterranea costituita da piante in grado di trattenere l'acqua piovana, non essendoci qui alcuna sorgente.
La storia di Vivara vanta la presenza dei Micenei ma si può dire che inizi concretamente solo nel XVII secolo quando diventa una riserva di caccia ed è in grado di ospitare anche qualche coltura. Nel 1681 Giovanni Guevara, duca di Bovino, erige la "Casa Padronale", una villa a cui vengono aggiunti altri edifici che formeranno la "Casa Colonica" dotata di un bel frantoio. Nella seconda metà del Settecento l'isolotto torna però a essere territorio di caccia. Carlo III vi sguinzaglia fagiani, conigli e caprioli e viene costruito "l'Obelisco", un poggio dal quale si sparava alle tortore.
Verso la fine dello stesso secolo arrivano i Francesi che ne fanno un avamposto militare e lasciano in loro ricordo la costruzione detta il "Cantinone". Nel 1818 l'isolotto viene ceduto al Comune di Procida e successivamente a dei privati tra cui i fratelli Biagio e Domenico Scotto La Chianca, ultimi proprietari fino alla donazione, nel 1940, al nosocomio procidano. Un edificio estroso almeno quanto chi lo progettò segna il traguardo di noi escursionisti: la "Casa girevole" con la "Tavola del Re" di Lamont Young. Da qui il panorama è semplicemente favoloso.
Il sole di mezzogiorno è cocente e la strada del ritorno un po' più tortuosa di quella dell'andata. Facendo attenzione a dove metto i piedi mi godo la stupenda veduta che offre l'orizzonte. Immagino quanto siano stati operosi e pieni di pace gli anni dal 1977 al 1993 che il professor Giorgio Punzo scelse di trascorrere in questo posto per tutelarne le bellezze naturali. Ma questa è un'altra storia...
Anzi, no. È questa la storia dalla quale ripartire affinché l'isola che non c'è ci sia. "Vivara" viene dal latino vivarium, che a sua volta deriva da vivus, vivo. E se per proteggerla provassimo ad aprirli quei cancelli invece di tenerli chiusi?
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