Cari Amici,
sono proprio ora di ritorno da un mese di ottobre alquanto impegnativo. Qui in Capitanata, infatti, ci siamo dati anima e corpo alla raccolta delle nostre amate olive, ricavando da esse il miglior extravergine in circolazione sul pianeta. Dopo l'illuminante esperienza con il sommelier Vitor Fratini che ci ha insegnato a individuare pregi e difetti dell'olio, oggi voglio accompagnarvi nei luoghi della molitura dove gli acini si trasformano magicamente nell'oro che tutti conosciamo. Ma prima di raccontarvi questa piccola storia di olive e di olio, è d'uopo per me ringraziare la famiglia Pallamolla di Serracapriola (FG) nel cui frantoio sono state scattate le foto che vedete.
sono proprio ora di ritorno da un mese di ottobre alquanto impegnativo. Qui in Capitanata, infatti, ci siamo dati anima e corpo alla raccolta delle nostre amate olive, ricavando da esse il miglior extravergine in circolazione sul pianeta. Dopo l'illuminante esperienza con il sommelier Vitor Fratini che ci ha insegnato a individuare pregi e difetti dell'olio, oggi voglio accompagnarvi nei luoghi della molitura dove gli acini si trasformano magicamente nell'oro che tutti conosciamo. Ma prima di raccontarvi questa piccola storia di olive e di olio, è d'uopo per me ringraziare la famiglia Pallamolla di Serracapriola (FG) nel cui frantoio sono state scattate le foto che vedete.
Cominciamo da lei, dalla Peranzana, una varietà che coltiviamo esclusivamente dalle nostre parti, nell'Alto Tavoliere. Si tratta di una cultivar pura, cioè non derivante da innesti, dai frutti medio-piccoli, molto ricercata perché le sue olive possono sia essere consumate a tavola, preparate in diversi modi, che molite per ottenere il famoso extravergine. La leggenda vuole che sia arrivata qui verso la metà del Settecento, direttamente dalla Provenza (da cui prende il nome storpiato dal dialetto locale), importata da Raimondo di Sangro, principe di San Severo e duca di Torremaggiore. Questi, imparentato coi Borboni di Francia, apprezzò talmente tanto l'olio della "provenzale" che la volle per forza nei suoi possedimenti. Ecco perché siamo gli unici in tutta Italia a vantarne la coltivazione.
La raccolta viene effettuata ancora a mano, con l'ausilio di un abbacchiatore. Le olive vengono portate subito al frantoio e lavorate entro un massimo di dodici ore. Un nastro trasportatore le butta giù in una sorta di enorme imbuto dove avviene la prima divisione tra frutti e foglie. Le olive finiscono così in appositi cassoni e approntate per la fase successiva che prevede un'ulteriore pulitura e un'altra ancora prima che arrivino alla molazza.
Da un secondo imbuto, dove vengono "ammuccate" (in dialetto, "ribaltate", "fatte cadere"), le olive passano, attraverso una macchina che elimina le foglie rimaste, nel terzo imbuto per la pulitura definitiva.
Così ben nettate, le olive sono pronte per la molazza, una vasca con due o più ruote in pietra che ruotano a velocità predefinita. È la versione meccanica delle antiche macine azionate a forza animale. Le ruote hanno il solo compito di frantumare il nocciolo e mescolarlo alla polpa, formando in questo modo la pasta d'olive da cui si estrae l'olio.
Fino a non molto tempo fa l'estrazione dell'olio era affidata alle presse che schiacciavano la pasta d'olive sistemata su dei dischi in fibra (fiscoli). La pressione faceva sì che il liquido si dividesse dalla sansa, che veniva poi rimossa dai dischi stessi. Oggi la pasta d'olive viene lavorata nelle vasche della gramolatrice, un macchinario dotato di pale elicoidali che la rimescolano lentamente per rompere l'emulsione tra acqua e olio e favorire la divisione. Dopo circa venti minuti, la pasta viene centrifugata nel decanter dove avviene la separazione tra la sansa e l'acqua di vegetazione e il cosiddetto mosto d'olio contenente una minima quantità di acqua. L'ultimo passaggio si effettua nel separatore verticale che elimina definitivamente l'acqua dal mosto d'olio. Anticamente il mosto veniva posto in vasche e l'olio separato per tracimazione, sfruttando la differenza di peso specifico.
L'olio di peranzana ha un gusto piacevolmente amaro, accompagnato da un'altrettanto piacevole nota di piccante. All'uscita dal separatore si presenta denso e di un colore verde brillante. Si può consumare immediatamente, senza bisogno di maturazione né di miscela. La resa delle olive viene calcolata in percentuale. Quando si dice, ad esempio, di aver fatto "il 20", significa che da ogni quintale di olive sono stati estratti 20 litri d'olio.
Nelle famiglie contadine, l'olio extravergine d'oliva trovava svariati usi. Era il condimento per eccellenza, utilizzato anche per conservare le verdure preventivamente sbollentate nell'aceto e le salsicce fatte in casa. L'extravergine sostituiva il burro nella preparazione dei dolci e dava un fritto asciutto e croccante. Non è tutto però! Bruciature e irritazioni della pelle venivano trattate con olio appena appena tiepido e infine, il sapone casalingo, sia per il bucato che per l'igiene della persona, era un ottimo metodo per riciclare l'olio esausto.
La molitura era ed è rimasta una festa per chi porta le proprie olive al frantoio. Com'è tradizione, l'olio nuovo si assaggia su una bella fetta di pane locale bruschettato, ma la festa va assolutamente condivisa e perciò è usanza portare qualcosa per alleviare le fatiche di tutti. Una pagnotta di pane, qualche insaccato e una bottiglia di vino nostrano posson bastare!
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