Cari Amici,
quest'anno la Pasqua, nonostante il tempo uggioso e poco adatto alla tradizionale scampagnata, ci ha regalato una grande soddisfazione. Da un noto programma televisivo che tratta di viaggi abbiamo appreso che nella top list dei borghi più belli d'Italia, alla quinta posizione, c'è la già citata Bovino. In verità un bel risultato ce lo aspettavamo un po' tutti ma, sapete com'è, quando arriva la conferma è proprio diverso. Dopo la parentesi della Settimana Santa, torno da voi per farvi conoscere altri angoli nascosti di questo luogo che riserva sempre delle sorprese.
Siamo esattamente a Bovino scalo, sulle rive del fiume Cervaro. Il primo a chiamarlo così fu Plinio che con cerbarius voleva dire quanto il torrente fosse cattivo e arrabbiato. Di qui passa l'antica via consolare Minucia, poi nominata Via delle Puglie, appunto perché collegava Napoli con la Puglia. E infatti il primo elemento che colpisce la vista è la monumentale fontana borbonica che dissetava quanti percorrevano questa via per i loro commerci di grano, lana e altri beni.
Proprio di fronte venne costruita una stazione di posta, oggi proprietà delle sorelle Maria Grazia e Lella Marseglia che, durante il nostro edumotional, ci hanno permesso di visitarla. Come è facile immaginare, in passato era un luogo di sosta e di smistamento. La chiusura a quadrilatero è di epoca medievale. Le porte d'accesso all'edificio erano strette in modo che i carri non vi potessero entrare e portare via le provviste mentre, sotto il suolo, c'è tutto un sistema di cunicoli e canali di scarico.
Al piano terra ci sono la vecchia taverna e le stalle, adibite a sale da cerimonia, a quello superiore le camere degli ospiti. La struttura ospita anche la chiesetta dei Cistercensi, volutamente mai ampliata per non aprirla ai fedeli.
Attraversando il ponte, sulla riva opposta, sorge un mulino ad acqua dell'Ottocento ancora operativo. A farlo funzionare il proprietario Gino Grasso che ci accoglie con entusiasmo parlandoci dei Borboni, del Regno di Napoli e naturalmente delle Puglie. Ha ereditato il mulino da suo nonno che lo comprò nel 1916, dopo essere tornato dall'America. Gino ci mostra con orgoglio il sistema che lo mette in moto e lo definisce la "risultante della democrazia", in quanto permise, in tempi in cui grano e farina erano appannaggio delle famiglie ricche, che anche la classe media potesse macinare.
Costruito tutto in malta, sin dalla sua inaugurazione, il mulino si è presentato come un capolavoro di ingegneria per il solo fatto che era in grado di macinare il grano duro. Le macine erano in quarzite, più dure rispetto a quelle in pietra comune, e pesavano in media dai 18 ai 20 quintali. Il sistema era predisposto a far raggiungere loro 90 giri al minuto.
Il meccanismo si basa ancora adesso sulla potenza dell'acqua che fa girare le ruote. Poiché occorre una massa d'acqua consistente che scorra con violenza, essa viene prima raccolta in una specie di vasca e poi rilasciata di colpo. In un'ora si producono circa due quintali e mezzo di farina.
Nella storia di Bovino, dunque, c'è anche una lunga tradizione di lavoro e scambi commerciali. Visitare questi posti ci ha riportato in un passato che il presente ha saputo ereditare e far vivere. Il nostro viaggio nella capitale dei Monti Dauni non è però esaurito. A pochi passi un'altra brillante realtà ci aspetta...
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